G20 - Scopri Palermo

Bella ed immensa, Palermo si staglia sulla costa nord-occidentale della Sicilia essendo capoluogo dell'omonima  città metropolitana e della Regione Siciliana. È il quinto comune italiano per numero di abitanti (673.735).

La Storia.
La città vanta una storia plurimillenaria e ha avuto un ruolo importante per le vicende del Mediterraneo e dell'Europa. Fondata dai Fenici tra il VII e il VI secolo a.C., venne conquistata nel 254 a.C. dai Romani ed è divenuta il principale centro dell'isola. Conquistata dai Vandali nel 429, passò nel 536 sotto Bisanzio e poi inesorabilmente conquistata dai Berberi nell'831. Successivamente, con l'avvento dei Normanni e il ritorno alla cristianità, fu la città dove furono incoronati numerosi sovrani di Sicilia; proprio a questa circostanza si devono i titoli attribuiti alla città: “Prima Sedes, Corona Regis et Regni Caput”. Da allora è rimasta, con alterne vicende, la capitale del Regno di Sicilia fino al 1816. Particolarmente importanti furono i Vespri siciliani, ribellione scoppiata a Palermo nel 1282.

Dal 1816 al 1817  fu capitale provvisoria del neonato Regno delle Due Sicilie e successivamente divenne la seconda città per importanza dello stesso regno fino al 1861, anno dell'unità d'Italia.

La lunga storia della città e il succedersi di numerose civiltà e popoli le hanno regalato un notevole patrimonio artistico e architettonico. Numerosi edifici, tra chiese e palazzi, sono riconosciuti monumenti nazionali italiani.

A Palermo ha sede l'Assemblea Regionale Siciliana, la più antica sede parlamentare in attività del mondo, nonché una rilevante sede universitaria. La sua arcidiocesi è sede metropolitana e sede del primate di Sicilia. Nominata Capitale Italiana dei Giovani 2017, è stata anche capitale italiana della cultura per il 2018.

La Città.
Visitare Palermo: ecco una cosa che almeno una volta bisogna fare nella vita. Flotte di turisti affollano le strade alla scoperta delle meraviglie della città. Nel week end, soprattutto la sera, le strade principali della città e le grandi piazze sono ricolme di migliaia di persone alla ricerca del primo pub in cui sorseggiare un drink; Piazza Sant’Anna, Piazza Verdi, Piazza Castelnuovo si trasformano in veri e propri teatri all’aperto in cui giovani e meno giovani si riuniscono fino a tarda ora.

Teatro Massimo Vittorio Emanuele

Arte e Monumenti.
Oltre a rimanere stupefatti dalla moltitudine di persone che fino a tarda sera passeggiano lungo le vie del centro storico, qui si può ammirare Palermo da un punto di vista artistico. A piazza Castelnuovo, potrete ammirare la bellezza del famosissimo teatro Politeama, mentre a piazza Giuseppe Verdi potrete farvi ammaliare dalla maestosità del rinominato teatro Massimo. Questi sono solo due dei moltissimi monumenti importanti della città. L’arte a Palermo non ha confini; per via delle molteplici dominazioni a cui la Sicilia è stata sottoposta nell'arco dei secoli, girovagando per le vie della città si possono ammirare diversi stili artistici: barocco, arabo-normanno e bizantino sono i principali. A questo proposito è caratteristica la famosa Cattedrale, nella quale confluiscono variegati stili architettonici, dal gotico fino al normanno.

La cattedrale di Palermo
Ci sono luoghi in cui tornare non è mai un déjà vu, ma piuttosto una riscoperta. La Cattedrale di Palermo è sicuramente uno di questi. Tombe, urne, gioielli, gemme, ma anche incanto e sacralità: questi i tesori della Cattedrale che vi suggeriamo di scoprire o di rivedere. Dopo l’ingresso si snoda il doppio succedersi delle campate che custodiscono le tombe reali. Ci accoglie la tomba imperiale di Federico II – lo Stupor Mundi – imponenza di rosso porfido sostenuta da fieri leoni e attorniata dalle colonne del baldacchino.  Alle sue spalle, riposa il primo Rex Siciliae, Ruggero II il Normanno che fece della Sicilia in centro del Mediterraneo. Nella successiva campata, svettano le tombe imperiali di Enrico VI di Svevia, padre di Federico, e di Costanza d’Altavilla, madre di Federico e figlia di Ruggero. Il porfido rosso abbraccia anche loro e non deve stupirci, poiché questo prezioso dono delle terre d’Egitto era riservato alle figure notabili.

I Tesori della Cattedrale non cono soltanto le tombe: attraversando la navata meridionale si passa alle sale dei tesori della cattedrale. Ci introduce ad esse una statua di Santa Rosalia in preghiera. Di effigi e reliquie della Santuzza ne troviamo diverse e in vari materiali di fattura pregiata: un dente della patrona fa da contraltare al braccio di Sant'Agata! Quindi reliquari, ostensori, calici; in argento sbalzato e cesellato, in bronzo o rame dorati. Paliotti e mitrie in tela ricamata con fili metallici, smalti e vetri policromi. Omaggio all'ingegno artigianale umano!

Ma il gioiello fra i gioielli è la corona di Costanza d’Aragona, moglie di Federico II. Eterea e preziosa, custodita fra cristalli che risplendono delle sue gemme, si lascia esplorare con lo sguardo da ogni angolazione. Lavorata in filigrana d’oro dalla squisita maestranza normanna di Palazzo Reale, disegna alternanze di pieni e di vuoti che intessono luminosi riflessi. Le gemme (verdi, rosse e turchesi) brillano e i pendagli laterali, alternanza di elementi orizzontali smaltati e geometrie a losanga, manifestano regalità. Puro incanto!

Sono moltissimi i monumenti e gli edifici storici che meritano di essere visitati a Palermo: ricordiamo la terrazza del Loggiato di San Bartolomeo, il fascino dei Quattro Canti, il Castello a Mare presso l’antico porto della Cala, il Villino Florio opera architettonica di eccellente stile Liberty, tanti tesori abbandonati di Palermo che oggi hanno ritrovato splendore come il Palazzo Lampedusa, la Palazzina Cinese, la Chiesa dello Spasimo, il Real Teatro di Santa Cecilia, e tanti altri, con tutto il rispetto per le architetture moderne, come il Teatro Massimo a Piazza Verdi ed il Teatro Politeama a Piazza Castelnuovo.

Personaggi.
Ma ritorniamo a quei personaggi di cui abbiamo visto le tombe nella Cattedrale, quei personaggi venuti dai fiordi alla Sicilia e che hanno segnato la storia di Palermo, della Sicilia e di tutto il Sud Italia.

Ruggero I riceve le chiavi della città di Palermo (sala gialla Palazzo dei Normanni

Da figlio secondogenito di Ruggero d’Altavilla, conquistatore normanno della Palermo araba, a primo Rex Siciliae. Da guerriero spavaldo ed ambizioso a mecenate di uno stile culturale, artistico ed architettonico unico e prezioso tanto da divenire patrimonio UNESCO (lo stile arabo-normanno). È Ruggero II d’Altavilla, cui Palermo e il Sud Italia devono pagine memorabili della loro storia e della loro essenza culturale.  La strada verso il titolo di Rex Siciliae non sarà un gioco per Ruggero: Re cattolico di sangue vichingo con formazione greco-musulmana, comprende l’impossibilità di regnare prescindendo dalla radicata miscela sicula. Fonda allora il suo potere sulla funzionalità strategica dell’integrazione, scegliendo anche collaboratori estranei alla sfera latina. L’illuminata opera di Ruggero è anzitutto politica, rivolta a dar uguale dignità ad ogni suddito, senza differenza di religione e provenienza geografica. Consapevole della necessità di sostegno trasversale al potere, dà voce al Parlamento Siciliano con la convocazione a Palazzo dei Normanni (1130) delle Curiae generales, cui chiede, ricevendolo, l’assenso alla sua dignità regia. E così il Regno che egli fonda con astuzia e fortuna resterà geograficamente vivo fino all'Unità d’Italia del 1861.

In molti, camminando per le vie baciate dal sole, si innamorarono di Palermo. Abitanti o stranieri, ricchi o poveri, vecchi o giovani, nessuno poteva sfuggire alla sua bellezza. Tra questi, un uomo portava sul capo una corona. Proprio tra le mura del Duomo del capoluogo siciliano, quando era ancora bambino, venne incoronato. E chiunque, nei secoli successivi, udì il suo nome e lo celebrò. Il suo nome era Federico II, noto anche come “Stupor Mundi”.

Nobiltà ereditaria e nobiltà d’animo, un connubio che si sposa del tutto nella personalità di Federico II. Una figura che spicca, da protagonista, nel basso Medioevo, periodo ricco di contrasti e conflitti. Un uomo che donò alla Sicilia, e all'Italia intera, un contributo inestimabile. Doni inestimabili, gesta inenarrabili che delineano i tratti di un personaggio che ancora oggi, a quasi un millennio dalla sua nascita, si spezza tra leggende e realtà. Ma quell'uomo tanto politico quanto di cultura, che a quei tempi vantava forse troppi nemici, è oggi inevitabilmente ammirato da chiunque. In ogni angolo della penisola si trova un suo ricordo, un prezioso regalo.

Era il 26 dicembre 1194 quando Federico II venne alla luce a Jesi. Egli trascorse i suoi primissimi anni di vita in giro per l’Italia, prima di trasferirsi a Palermo. Poche ore prima della sua nascita il padre, Enrico IV, era infatti divenuto re di Sicilia. Quando aveva soltanto quattro anni Federico rimase orfano di padre e di madre. Nella Cattedrale di Palermo, il fanciullo fu incoronato re di Sicilia.

Tante sono le leggende che costellano la vita di Federico II, tanto ricca e sonora da poter generare miliardi e miliardi di storie. I racconti narrano di come il re di Sicilia parlasse ben nove lingue. Egli, inoltre, era talmente colto da saper trattare con perizia dei temi più disparati: dall'astrologia alla matematica fino alla filosofia, insieme all'economia e alla scienza.

Federico II morì in Puglia il 13 dicembre 1250. Nei giorni seguenti il corpo fu trasferito a Palermo per essere sepolto tra le mura della Cattedrale, proprio dove era stato incoronato re di Sicilia a quattro anni. In questo luogo giace, entro il sepolcro di porfido rosso antico, come voleva la tradizione normanno-sveva, accanto alla madre Costanza, al padre Enrico VI e al nonno Ruggero II.

Un altro personaggio mitico, che impronta di se la storia palermitana, è donna Franca Florio. Nella Palermo della Belle Epoque una donna era regina, non di nascita ma d’animo e temperamento. Franca Jacona della Motta dei baroni di San Giuliano era il suo nome, ma tutti la conoscevano semplicemente come Donna Franca Florio. Una rinomanza, una garanzia: era moglie, infatti, di Ignazio Florio, uno degli uomini più ricchi della Sicilia. Tanto bella quanto giovane, divenne in poco tempo ammirata e desiderata da tutto il popolo siciliano e non solo. “E ccu è chista, Franca Florio!?”, esclamano i palermitani quando vedono una bella donna.

Donna Franca Florio, simbolo della belle époque palermitana, ritratta da Giovanni Boldini

Franca era alta, aveva gli occhi verdi e i capelli scuri che le incorniciavano il viso ambrato, ma il suo fascino andava oltre la bellezza fisica. Ella discendeva da una famiglia di nobili siciliani, poveri come il resto dell’aristocrazia in quegli anni, ma ricca di ambizioni per la figlia. Nonostante avesse soltanto diciannove anni quando sposò l’industriale Ignazio Florio, la giovane assunse un ruolo fondamentale all'interno della coppia, dando preziosi consigli al marito in relazione a ciò che si doveva fare.

Il lusso e la mondanità, tuttavia, non fecero perdere la testa alla giovane. L’accessorio che rese Donna Franca più bella di chiunque altra, infatti, fu l’umiltà. Nessuna gentildonna poté provare invidia nei confronti di colei, che ebbe un occhio di riguardo anche verso le classi sociali più disagiate. A lei si devono numerose idee che avrebbero reso la Sicilia una terra confortevole per le madri lavoratrici: la creazione di primi asili nido all’interno dei vari stabilimenti Florio, ad esempio.

La Regina di Palermo, così era chiamata Donna Franca. Tante leggende circolano attorno alla sua figura, resa celebre dalle curiosità e da coloro che di lei hanno parlato. Alla sua corte artisti, poeti e altri uomini di cultura arrivavano e rimanevano folgorati, ma solo lo sguardo restava loro. Donna Franca fece girar la testa a uomini provenienti da ogni dove. L’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe, incantato per la sua illustre modernità, regalò alla sua “Stella d’Italia” una tromba d’automobile. Il direttore d’orchestra Arturo Toscanini, mentre tutti lo applaudivano alla Scala di Milano, volse il suo sguardo verso la giovane. Perfino Gabriele D’Annunzio scrisse parole soavi di lei, definendola “Unica creatura che svela in ogni suo movimento un ritmo divino”. Pittori come Giovanni Boldini e Ettore De Maria Bergler, infine, ebbero l’onore di tracciare col pennello le sue linee. Nessuno di questi, però, Franca Florio accettò come amante.

Natura e Paesaggi.
Così come l’arte non ha confini, specialmente quando è legata alla storia di personaggi così illustri e memorabili, stesso discorso vale per i paesaggi naturali di cui è costellata la città di Palermo. Potrete visitare Mondello, una delle spiagge più belle del sud Italia, potrete immergervi in atmosfere bucoliche, se siete alla ricerca di un posto tranquillo, sarebbe un errore imperdonabile non visitare Monte Pellegrino: una riserva naturale immersa nel verde a cui potrete accedere comodamente con la vostra auto e dal quale potrete ammirare il panorama mozzafiato di una città che si snoda per intero davanti ai vostri occhi.

La Baia di Mondello

Per chi ama il fascino della natura ricordiamo ancora la Riserva di Capo Gallo, itinerario forestale sula mare; Capo Zafferano, una riserva naturale fuori dal tempo, l'Orto Botanico di Palermo dove la natura diventa arte, la Casa delle Farfalle a Palazzo Riso.

Cosa resta da dire? Una cosa importante: la passione del gusto e il piacere di mangiare!

Arte Culinaria.
Palermo si rivelerà una vera e propria esplosione di piacere per i vostri sensi visivi e gustativi. Sparsi qua e là per la città, si possono trovare diversi negozi che si occupano esclusivamente della vendita del cosiddetto street food. Scoprirete nuovi sapori che vi faranno apprezzare maggiormente la città. Se non lo avete ancora fatto, vi renderete conto di quanto piacere di vivere si può celare dietro ad un piccolo gesto, come addentare un gustosissimo cannolo siciliano o la famosissima cassata. Ma non fermatevi a questo. Piuttosto, gettatevi in qualsiasi esperienza culinaria che qui vi offre. Potrete gustare pietanze salate che non avevate mai assaggiato prima. Stigghiola, panino con panelle e crocchè, pane cu ‘a meuza sono sfizi che non potrete farvi mancare. E se dalla strada passiamo alla tavola, abbiamo le tante prelibate pietanze a base di pesto siciliano, la pasta con le sarde, la pasta alla norma, le arancine, ecc...

Cannoli siciliani

Miti e Tradizioni.
Altre tipicità palermitane, oltre che nella cucina, si ritrovano nelle nei costumi e nelle tradizioni popolari: per esempio, il folklore e i canti siciliani conosciuti in tutto il mondo, il teatro dei pupi – esistono ancora bravi pupari – e vogliamo ricordare una tipicità assoluta siciliana che vedrete sicuramente nei negozi percorrendo le strade di Palermo: le Teste di Moro, manufatti in ceramica, per lo più a forma di vasi,  che ritraggono uomini baffuti e visi di donna in coppia. Li conoscerete certamente, ma non sapete qual è la leggenda da cui hanno origine.
 “L’amuri cumincia ccu lu cantu e finisci ccu lu chiantu”, recita un proverbio siciliano; è come dire non tutte le storie d’amore sono a lieto fine, come quella che ha come protagonisti due giovani, un uomo e una donna,  vissuti nella Palermo dominata dai musulmani berberi.

Era l’anno mille ad Al Hàlisah, quartiere arabo di Palermo oggi chiamato la Kalsa, e i cosiddetti Mori avevano ormai conquistato l’isola da più di un secolo. I giovani s’incontravano tra loro nelle vie della città e numerosi amori nascevano, mentre i fiori sbocciavano. Una fanciulla soltanto, bella ma solitaria, rimaneva tra le mura della sua casa, affacciandosi di tanto in tanto alla loggia per occuparsi delle sue piante. Nessuno l’aveva mai notata, finché un Moro si accostò al balcone fiorito e col suo canto la corteggiò. Ella non riuscì ad opporsi alla dichiarazione d’amore e lo accolse tra le sue braccia. I due, follemente innamorati, giacquero insieme per giorni e giorni.

La promessa d’amore eterno, tuttavia, celava dietro di sé una triste verità: la fiamma di passione che era divampata tra i due giovani era destinata a spegnersi in breve tempo. Il Moro, infatti, doveva tornare in Oriente e, ad attenderlo, c’erano la moglie e i figli. La donzella, tradita e colta da ira funesta, non poté mai accettare il gravoso segreto. L’ultima notte d’ardore fu fatale, ella decise infatti che nessun’altra donna avrebbe preso il suo posto accanto all’amato. La bella fanciulla si armò di un pugnale e, mentre il giovane arabo dormiva, lo accoltellò senza esitazione e, per esser sicura che mai qualcuno, oltre lei, lo avrebbe desiderato, gli tagliò la testa.

La testa del Moro però, rimase con lei in eterno. Ella decise di usarla come vaso per il suo basilico. Il germoglio di Basilikos, divenuto simbolo del loro amore oltre tempo, cresceva prospero, annaffiato dalle lacrime della donna, che lo curava come avrebbe voluto fare con l’amato. Tutti gli abitanti del quartiere Al Hàlisah osservavano con stupore la pianta tanto rigogliosa e rimanevano stupiti dal suo buon odore, tanto da domandarsi quale fosse il segreto della fanciulla. Il vaso era il segreto e, così, le Teste di Moro divennero in ogni balcone i custodi di arboscelli regali.

Oggi, le Teste di Moro, note anche come graste, sono un esempio di ceramica artigianale siciliana ricercata. Nei balconi, e non solo, di tutta la Sicilia appaiono questi vasi, che, per la pelle scura e i tratti mediorientali dei soggetti raffigurati, riconducono proprio al protagonista della nostra leggenda, la cui fine è funesta. Ognuno di essi porta con sé una corona, che ricorda nel suo intreccio il Basilikos che cresceva rigoglioso attorno al capo del giovane decapitato e lo impreziosiva.

Teste di Moro

Un’altra variante della leggenda, che si rifà al fatto che alle Teste di Moro vengono affiancati anche vasi che ritraggono la donzella siciliana, narra che ad essere decapitato non fu soltanto l’arabo amante, ma anche la bella fanciulla. Infatti, secondo tale versione ella era di nobili origini e si era follemente innamorata del berbero musulmano, il quale era povero. La famiglia, però, decise di contrastare in qualsiasi modo la loro passione e l’amore clandestino tra i due fu severamente punito con la morte di entrambi; i genitori esibirono le teste degli amanti nei balconi del palazzo.

Infine, alla leggenda delle Teste di Moro si rifà anche Giovanni Boccaccio nella quinta novella del Decameron. La narrazione è dedicata alla triste storia d’amore tra la nobile Lisabetta da Messina e lo sfortunato Lorenzo, giovane pisano di origini modeste, che viene assassinato dai fratelli dell’amata, i quali volevano contrastare con ogni mezzo la loro unione. «I fratelli d’Ellisabetta uccidon l’amante di lei: egli l’apparisce in sogno e mostrale dove sia sotterato; ella occultamente disotterra la testa e mettela in un testo di bassilico, e quivi su piagnendo ogni dì per una grande ora, i fratelli gliele tolgono, e ella se ne muore di dolor poco appresso», racconta l’autore.

Dopo queste lunghe dissertazioni, per finire, riportiamo un brano dello scrittore Milan Kundera da uno dei suoi più celebri romanzi L’insostenibile leggerezza dell’essere:

“Tra dieci giorni, se non hai niente in contrario, potremmo andare a Palermo”, le disse. “Preferisco Ginevra” rispose lei. Stava in piedi davanti al cavalletto ed esaminava una tela iniziata. “Come puoi vivere senza visitare Palermo?”.

Perciò, non mancate!

Scena da "Il Gattopardo" di Luchino Visconti,
girata nel prestigioso palazzo settecentesco
Valguarnera-Gangi (Palermo)

Alcuni contenuti sono stati tratti dal sito palermo.italiani.it
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