Melanomi: cambia il trattamento chirurgico
La presenza di cellule cancerose nel linfonodo sentinella dei pazienti con melanoma non rappresenta più una giustificazione automatica per asportare tutti gli altri linfonodi non interessati, come dimostrato da un recente studio condotto in 63 centri internazionali e che ha preso in esame quasi 2.000 pazienti.
Nei pazienti con linfonodo sentinella invece, che viene tipicamente rimosso, andrebbe osservato il profilo linfonodale nel tempo per controllare la diffusione della malattia, e pertanto si evita la dissezione immediata, che è una procedura gravata da una considerevole morbidità.
Lo studio, denominato MSLT-II, ha incontrato il consenso di moltissimi esperti. I linfonodi regionali rappresentano un vero enigma, in quanto non è mai stato compreso del tutto il ruolo che essi svolgono nella malattia e, pertanto, è stato sinora adottato un approccio chirurgico molto tranciante, ma nei melanomi, così come in molti altri tumori, la rimozione elettiva dei linfonodi che non hanno evidenze cliniche di coinvolgimento non ha praticamente mai aumentato la sopravvivenza specifica per la malattia.
Per quanto la procedura sia stata comunemente praticata sui pazienti con melanoma, non sono mai state disponibili evidenze della sua reale efficacia. Secondo quanto rivelato dallo studio, non esistono neppure particolari caratteristiche del paziente o del linfonodo sentinella che suggeriscano la necessità di un intervento radicale immediato.
Gli studi MSLT-II e MSLT-I hanno confermato il valore per la stadiazione della biopsia del linfonodo sentinella, ed hanno dimostrato che questa tecnica rallenta la progressione della malattia grazie al trattamento precoce delle metastasi linfonodali nei pazienti con melanomi di spessore intermedio, ma nello studio MSLT-1 è stato riscontrato anche che questa pratica non offre benefici di alcun tipo sulla sopravvivenza.
(N Engl J Med online)
Nei pazienti con linfonodo sentinella invece, che viene tipicamente rimosso, andrebbe osservato il profilo linfonodale nel tempo per controllare la diffusione della malattia, e pertanto si evita la dissezione immediata, che è una procedura gravata da una considerevole morbidità.
Lo studio, denominato MSLT-II, ha incontrato il consenso di moltissimi esperti. I linfonodi regionali rappresentano un vero enigma, in quanto non è mai stato compreso del tutto il ruolo che essi svolgono nella malattia e, pertanto, è stato sinora adottato un approccio chirurgico molto tranciante, ma nei melanomi, così come in molti altri tumori, la rimozione elettiva dei linfonodi che non hanno evidenze cliniche di coinvolgimento non ha praticamente mai aumentato la sopravvivenza specifica per la malattia.
Per quanto la procedura sia stata comunemente praticata sui pazienti con melanoma, non sono mai state disponibili evidenze della sua reale efficacia. Secondo quanto rivelato dallo studio, non esistono neppure particolari caratteristiche del paziente o del linfonodo sentinella che suggeriscano la necessità di un intervento radicale immediato.
Gli studi MSLT-II e MSLT-I hanno confermato il valore per la stadiazione della biopsia del linfonodo sentinella, ed hanno dimostrato che questa tecnica rallenta la progressione della malattia grazie al trattamento precoce delle metastasi linfonodali nei pazienti con melanomi di spessore intermedio, ma nello studio MSLT-1 è stato riscontrato anche che questa pratica non offre benefici di alcun tipo sulla sopravvivenza.
(N Engl J Med online)
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